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Cristoforo Colombo in Groenlandia?



Cristoforo Colombo scrisse di essere arrivato, nel febbraio 1477, in un’isola cento miglia oltre Tile (Islanda). Di questo viaggio, che stando alle distanze che lui annota potrebbe averlo portato in Groenlandia, si è parlato molto nel Novecento. Chi si è espresso contro la credibilità delle sue rivendicazioni ha addotto motivazioni come quella secondo cui ghiaccio e neve non gli avrebbero certo permesso un tale viaggio a Nord, in inverno. Inoltre i dati forniti circa la dimensione delle maree (ventisei braccia), sembrano esagerati. Prendendo però in considerazione le nuove ricerche climatiche relative alla fine del Medioevo, le affermazioni di Colombo vanno oggi riconsiderate. Esse sembrano essere coerenti non solo con le condizioni climatiche del tempo (incluse maree molto alte o basse), ma anche con le fonti storiche che documentano una forte competizione tra i vari Stati europei al fine di acquisire la Groenlandia da utilizzare come base per ulteriori avanzamenti in Terranova e Canada. Questo breve saggio mostra che esistono consistenti prove storiche e climatiche a favore delle rivendicazioni di Colombo.

Parlando delle cinque terre emerse e della loro abitabilità come descritte da Isidoro di Siviglia nei suoi Etymologiae e De natura rerum, Colombo - in una delle sue rare memorie risalenti al periodo delle sue prime esplorazioni – scrive: “Nel mese di febbraio 1477 ho navigato per cento leghe oltre Tile fino ad un’isola la cui parte meridionale dista 73 gradi dall’Equatore e non 63 come alcuni dicono; essa non si trova nell’Occidente di Tolomeo, bensì molto più ad ovest. Su quest’isola, grande come l’Inghilterra, gli inglesi - specialmente quelli di Bristol - approdano con le loro merci. Mentre mi trovavo lì il mare non era ghiacciato, ma c’erano maree molto grandi, che in alcuni punti si alzavano ed abbassavano di 26 braccia” ¨[1]. Sfortunatamente la versione originale del documento in questione è andata persa; in ogni caso è però disponibile in due attendibili trascrizioni contemporanee: una di Fernando Colon, figlio del navigatore, ed una di Bartolomeo De Las Casas, difensore dei diritti dei nativi d’America.

Navigando ad una distanza di cento miglia oltre l’Islanda si può arrivare o all’isola di Jan Mayen o alla Groenlandia. Jan Mayen difficilmente poteva costituire la destinazione di Colombo, a causa delle sue limitate dimensioni, per nulla paragonabili a quelle dell’Inghilterra. Inoltre Cristoforo Colombo scrive che il luogo in cui è approdato si trovava molto più ad Ovest rispetto alla linea descritta da Tolomeo come il limite estremo dell’Emisfero occidentale, mentre Jan Mayen si trova a nord.

Contemplando l’ipotesi della Groenlandia come possibile destinazione, incontreremmo un’ unica incongruenza, all’interno del testo: la distanza di settantatrè gradi tra l’Equatore e la parte meridionale dell’isola descritta. Colombo può aver confuso la costa est con quella sud della Groenlandia, oppure ci sono altre ragioni che potrebbero spiegare questo dato non corrispondente? Innanzitutto va tenuto presente che nel XV secolo risultava davvero molto difficile determinare l’esatta posizione di una nave. Per misurare la latitudine Colombo usava ancora il quadrante, un quarto di cerchio di legno o di ottone [2]. In più Alexander Humboldt, anch’egli esperto esploratore, ha rilevato che luce diffusa del Nord, specie in inverno, rende particolarmente difficile ottenere letture precise dei dati.[3] Ma potrebbe non consistere solo in una misurazione sbagliata la causa di questa dubbia annotazione sulla latitudine dell’isola. L’errore di Colombo potrebbe anche esser il risultato di un’errata valutazione di Tolomeo. L’antico geografo, ben conosciuto dal navigatore, dava la latitudine della costa nord occidentale dell’Irlanda (punto di partenza di Colombo verso il mare aperto) a quota 61 - invece che 55 - gradi nord. [4] In questo contesto non può essere escluso che Colombo abbia raggiunto un luogo distante circa 73 gradi a nord dell’equatore. Se quell’inverno partecipò a una spedizione in Groenlandia, potrebbe aver effettuato ricerche circa l’effettiva abitabilità di una delle “terre emerse” e, sfruttando la corrente est-groenlandese (EGC), organizzato una spedizione alla baia nord di Soorebysund. Egli potrebbe anche aver circumnavigato il lembo di terra chiamato James Land.

Errore di latitudine a parte, le affermazioni di Colombo si riferiscono chiaramente alla Groenlandia. Dato che l’autenticità della stessa fonte storica non è mai stata messa in discussione, risulta sorprendente che gli appunti di Cristoforo Colombo non siano mai stati presi in seria considerazione dalla storiografia ufficiale e che questo suo viaggio risulti tuttora sconosciuto. Nonostante l’esistenza di un testo autentico, incluso nei manoscritti originali di Colombo, che attesta la presenza del navigatore a Gallway (in Irlanda) [5], alcuni storici rifiutano addirittura di ammettere che Colombo si sia mai spinto fino in Inghilterra. Stando ad alcune osservazioni sulla letteratura colombiana del XX secolo, si ha l’impressione che l’influenza del pensiero positivista sulla ricerca storica, combinato con interessi nazionalistici, abbia condotto ad un punto di vista ipercritico sugli stessi scritti di Colombo. In seguito al dibattito sull’eventuale influenza esercitata nei confronti dell’artefice della scoperta dell’America da parte delle spedizioni vichinghe, inaugurato nel XIX secolo dagli studiosi scandinavi e protrattosi fino alla seconda metà del Novecento [6], è ormai opinione condivisa che Colombo sia giunto almeno fino in Islanda. Ma a partire dagli anni Trenta la storiografia italiana, specialmente la cosiddetta scuola genovese, ha cominciato a screditare queste fonti sostenendo che un tal viaggio non sarebbe stato di alcun interesse per un mercante genovese [7]. Stando ad uno dei saggi più recenti sulla questione, a firma della storica inglese Ruddock, Colombo “inventò” il suo viaggio verso Nord dopo aver sentito i racconti dei marinai inglesi.[8] Ma quali sono le concrete motivazioni addotte per confutare l’autenticità di questa citazione di Cristoforo Colombo?
L’argomentazione più importante avanzata durante il secolo scorso riguarda il periodo dell’anno (ossia febbraio, quando venne fatta la spedizione) che renderebbe un viaggio in Islanda impossibile a causa di ghiaccio e neve. Ad ogni modo oggi giorno questa obiezione potrebbe non essere più valida. E’ risaputo, infatti, che nel XV secolo il clima fu molto più caldo che nei secoli seguenti. [9] Stando alle cronache del tempo, l’inverno del 1477 fu straordinariamente mite: persino sulla parte più settentrionale dell’Islanda non nevicò, né la costa meridionale gelò, fino a marzo.[10] Quindi l’affermazione di Colombo secondo cui il mare non fosse ghiacciato mentre egli si trovava [11] lì può essere credibile.

Una seconda argomentazione contro il viaggio si basa sull’osservazione di Colombo circa il forte movimento delle maree [12]. Egli scrisse di aver visto di persona grandi mareggiate produrre, due volte al giorno, un’escursione di circa venticinque braccia di profondità tra la bassa e l’alta marea. La Ruddock, pur riconoscendo che l’inverno del 1477 fu mite e che fu caratterizzato da diverse escursioni in Groenlandia, non crede che Colombo ci sia davvero andato, diffidando proprio del suo racconto circa quelle improbabili alte maree. [13] Secondo la studiosa venticinque braccia equivalgono a circa cinquanta piedi, un incremento della marea davvero impensabile; sarebbe stato impossibile per chiunque, quindi, assistere ad un tale evento. La Ruddock, però, non ha preso in considerazione il saggio di Graefe, che sostiene che parlando di “braccia” Colombo intendesse 1 covid (pari a m.0,4886), unità di misura araba usata ancora in Spagna a quel tempo. In questo caso l’oscillazione della marea si ridurrebbe ad una quota, molto più accettabile, di dodici metri (per l’esattezza 39,37 piedi).[14] Inoltre nuove argomentazioni sono sorte a favore dell’osservazione di Colombo sulle maree. Recenti studi sul clima della Terra ed il riscaldamento dovuto all’effetto serra, dimostrano che i cambiamenti climatici - specialmente all’inizio della “Piccola Era glaciale”, verificatasi dal 1450 in poi - hanno causato forti movimenti delle maree che potrebbero aver causato l’abbandono dei domini vichinghi in Groenlandia.[15] Se in quella regione le maree sono effettivamente aumentate, perché mai Colombo non avrebbe dovuto annotare questo fatto?

Questioni climatiche a parte, un’altra affermazione di Colombo va esaminata, ossia che gli inglesi, specialmente quelli di Bristol, si recassero nell’isola in questione con le loro mercanzie. E’ risaputo che gli inglesi si recassero regolarmente in Islanda, specialmente tra gennaio e marzo, durante la stagione della pesca al merluzzo,[16] ma non esistono documenti comprovanti ufficialmente i viaggi in Groenlandia di questi marinai. Nonostante la situazione politica inglese di quel periodo, si possono comunque trovare tracce di spedizioni britanniche in Groenlandia. Stando alle fonti citate dallo storico norvegese Tornoë, i re di Norvegia e Danimarca stipularono numerosi trattati con gli inglesi per tenerli lontani da Islanda e Groenlandia e, proprio a causa dei danni provocati soprattutto dai pirati di Bristol, nel 1467 tra i due regni scoppiò una guerra.[17] Il Re del Portogallo Alfonso V, alleato della corona scandinava, inaugurò per primo, negli anni settanta del XV secolo, una lunga spedizione congiunta in Groenlandia degli ammiragli Pining-Pothorst and João Vaz Corte Real. E’ noto che i marinai dovettero collocare vistosi segni - non solo sullo Snäffelsjökull (Islanda), ma anche in Huitserk (Groenlandia) - per evidenziare come quei territori fossero ancora sotto il dominio del re danese Cristiano I.[18] Questa spedizione congiunta, che è anche documentata dal cronista Gaspar Frutuoso (1520-1590)[19] , coincide in qualche modo con l’annotazione di Colombo circa i traffici commerciali dei marinai di Bristol nell’isola. Questi ultimi erano considerati dai danesi rivali ed avversari che tentavano di infiltrarsi nei territori della costa atlantica del Canada più ricchi per caccia e pesca.[20] La spedizione portoghese-danese degli anni Settanta del ‘400 fu quindi parte di un intervento militare contro le attività commerciali inglesi, specialmente quelle di Bristol (citate anche da Cristoforo Colombo). Nel 1480 esploratori di Bristol si lanciarono in una spedizione molto ben equipaggiata alla ricerca della leggendaria isola Brasil, più tardi identificata da Williamson e Quinn con le coste di Terranova e Nuova Scozia.[21] La spedizione fallì, soprattutto perché cercarono di raggiungere l’isola direttamente dall’Irlanda. A mio parere l’ipotesi secondo cui gli inglesi mirassero ad utilizzare come basi per ulteriori spedizioni le regioni che sorgevano a ovest dell’Islanda, specialmente la Groenlandia, si fonda su solide prove. Gli argomenti contro il brano in questione non sono quindi abbastanza forti per confutare le affermazioni di Colombo. Nel 1477 il futuro scopritore dell’America era già approdato in Portogallo ed aveva sposato una nobildonna portoghese. Perché mai non avrebbe potuto salpare coi navigatori portoghesi, esortati già dal 1455, mediante un decreto papale, a scoprire nuove terre e nuove isole dell’Atlantico? Il re del Portogallo Alfonso V, alleato del re danese-norvegese con cui era imparentato [22], inaugurò la sopraccitata spedizione nel Mar Glaciale Artico all’inizio degli anni Settanta. Nel 1476 un’altra grande spedizione, che coinvolgeva molte navi e molti capitani, partì al comando dell’ammiraglio Jan Scolvus, ed è risaputo che si spinse almeno fino alla costa orientale della Groenlandia.[23] Partita in quell’anno, la spedizione raggiunse Islanda e Groenlandia non prima dell’inverno del 1477. Cristoforo Colombo potrebbe essersi unito a questo viaggio in Islanda dopo un soggiorno a Gallway, il più importante porto sul percorso.[24] Perché questo viaggio, che pare abbia seguito le orme dei Vichinghi, non avrebbe dovuto interessare a Cristoforo Colombo? Anche se egli non avesse partecipato alla spedizione di Jan Scolvus fino alla fine - stando a Tornoë, Scolvus avrebbe quasi circumnavigato l’isola Baffin - il viaggio dovrebbe aver rafforzato in lui la voglia di continuare le esplorazioni nell’Oceano Atlantico.

I lettori più critici potrebbero infine chiedersi perché mai Colombo non abbia menzionato questo viaggio al Nord in alcun manoscritto successivo. Per rispondere alla domanda, bisogna prendere in considerazione due fatti. Primo: tutti i suoi documenti antecedenti al 1492 sono spariti. Secondo: Cristoforo Colombo negli ultimi anni non era ovviamente interessato a chiarire questa parte della sua vita. Sembra che esitasse a ricordare pubblicamente le esperienze di mare vissute nei decenni antecedenti il suo arrivo in Spagna, specialmente dopo esser stato privato dei suoi titoli nel 1500. Il governo spagnolo, stando a Bartolomeo de las Casas, sospettava che lui e suo fratello fossero colpevoli di alto tradimento e sarebbe stato quindi imprudente attirare l’attenzione su spedizioni intraprese per altri regni, alcuni dei quali nemici della Spagna.

[1]“Io navigai l'anno MCCCC LXXVII nel mese di Febraio oltra Tile isola cento leghe, la cui parte Australe è lontana dall' Equinottiale settanta¬tre gradi, et non sessantatre, come alcuni vogliono: né giace dentro della linea, che include l'Occidente di Tolomeo, ma è molto più Occi¬dentale. Et a quest'isola, che è tanto grande, come l'Inghilterra, vanno gl'Inglesi con le loro mercatantie, specialmente quelli di Bristol. Et al tiempo che io vi andai, non era congelato il mare, quantunque vi fossero sì grosse maree, che in alcuni luoghi ascendeva ventisei brac¬cia, et discendeva altretanti in altezza”. COLOMBO F. 1571 (Venetia, Francesco de' Franceschi Senese), p 9.
[2] Il quadrante era uno strumento un po’ approssimativo, che per venir usato richiedeva la presenza di due persone. Una lo teneva in posizione verticale e inquadrava il sole, o un’altra stella, attraverso il mirino posto lungo un’estremità; l’altra provvedeva alla lettura dei dati.
[3] HUMBOLDT, A. von, 1852 Kritische Untersuchungen über die his¬torische Entwicklung der geographischen Kenntnisse von der Neuen Welt, Vol. 1. (Berlino), p. 366.
[4] Cfr. STORM, G. 1893, Columbus pa Island og vore forfaedres opdagelser i det nordvestlige Atlanterhav, Norske geogr. Selskap Aarb. 4, p. 71. Nel 1500 Colombo si fidava più degli autori antichi che della sua stessa esperienza. Per esempio si basava molto sui particolari contenuti nel quarto libro apocrifo di Ezra e sulle informazioni fornite dall’astronomo arabo Alfragano.
[5] Cfr. VARELA C. (ed.) 1982 Cr. Colon, Textos y documentos completos (Madrid), p. 9, un’annotazione in Historia rerumque ubique gestarum di Enea Silvio Piccolomini, 2v.
[6] Cfr. MAGNUSEN, F. 1833, così come: STORM, G. 1893 Op. Cit. e: TORNOË, J. Kr. 1965 Columbus in the Arctic and the Vineland literature (Oslo).
[7] Cfr. CADDEO, R. (ed.) 1930, Le Historie della vita e dei fatti di Cristoforo Colombo per D.Fernando Colombo, suo figlio (Milano) Apendix D, 333: “Questa navigazione è inammissibile (...) Egli era imbarcato, come agente di commercio...” . Dato che alle compagnie commerciali italiane era preclusa la vendita delle loro mercanzie sulla costa occidentale dell’Inghilterra durante la Guerra delle due Rose, un soggiorno in quei luoghi potrebbe dimostrare che il navigatore non si trovava in servizio nella sua città in quel momento. Vedi anche: HEERS, J. 1961 Gênes au XVe siècle, Activité économique et problèmes sociaux, S. 410: « Le trafic génois en Angleterre s'exerce par une étroite façace, entre Southampton et Sandwich ».
[8] RUDDOCK A.A. 1970, Columbus and Iceland: new light on an old problem,'The Geographical Journal, Vol. 136, 2. Stando a R., gli uomini del Trinity of Bristol ispirarono Colombo durante la loro permanenza a Huelva, nel Sud della Spagna. Ma durante il loro soggiorno lì (inizio 1480), Colombo viveva ancora in Portogallo.
[9] Cfr. LAMB, H.H. 1989 Klima und Kulturgeschichte, der Einfluss des Wet¬ters auf den Gang der Geschichte (Hamburg), 208, 210.
[10] Cfr. MAGNUSEN, F. 1833 Om de Engelskes Handel pea Islan, in: Nordisk Tidskrift for Oldkyndighed (Copenhagen), 129, 1
[11] Cfr. COLOMBO, F., p. 9
[12] ibidem
[13] Cfr. RUDDOCK A.A., p. 188 and 178: L’altezza di queste maree gioca un ruolo importante nel far luce sul presunto viaggio in Islanda di Colombo.
[14] Cfr. GRAEFE, H. 1955 Die Islandfahrt des Columbus vom Jahre 1477, Erd¬kunde, Archiv für wissenschaftliche Geographie, Vol. IX, Heft 1/4 (Bonn), p. 154.
[15] Cfr. SHAW R., 2000, Ocean tides found to influence climate (Enviromen¬tal News Network). S. Si riferisce a Charles Keeling, Timothy Whorf ed il Scripps Institute of Oceanography dell’Università della California.
[16] RUDDOCK A.A. 1970, 183f.
[17] ibid., p. 57. Vedi anche: BRÖGGER, A. W. , 1937 Vinlandsferdene (Oslo), P. 147.l
[18] Cfr. TORNOË, J. Kr. 1965 Columbus in the Arctic and the Vineland litera¬ture (Oslo), p. 59. Vedi anche: BOBÉ, L. (ed.) 1909 Aktstykker om Gronlands Besejling 1521-1607, Danske Magazin, 5. Raekke. 7.Vol. (Co¬penhagen), p. 310.
[19] ibid., p. 59. Frutuoso scrive che João Vaz Cortereal e Alvaro Mar¬tins Homem furono inviati dal re portoghese per scoprire nuove terre.
[20] ibid., p. 51 e 56f. Stando a T., nel XV secolo, in Groenlandia orientale, permaneva ancora un insediamento (nel 1448 gli Annali Islandesi annotano nove tra chiese e congregazioni), benché molti groenlandesi fossero già emigrati in Canada a causa delle migliori condizioni di vita offerte da quelle zone. Nel corso del XV secolo la Groenlandia aveva continuato a commerciare con Terranova, che esportava, stando alle bolle giunte a noi, carne di alce, orso bruno, ermellino, lince, lontra, zibellino e lupo (animali che veniva cacciati in quelle terre).
[21] Cfr. SCHMITT, E. (ed.), 1984 Dokumente zur Geschichte der europäischen Expansion, vol. 2 (Monaco: Beck), 96. Vedi anche: WILLIAMSON, J. A., 1962 The Cabot voyages and the Bristol Discovery under Henry VII (Hakluyt Society, 2nd ser. Vol. 120) (Cambridge), e: QUINN, D. B. 1974 England and the discovery of America, 1481-1820 (Londra).
[22] Il re Erik di Scandinavia era infatti sposato con la cugina del principe portoghese Enrico il Navigatore.
[23] SCHMITT, E. (ed.), 95.
[24] Stando a Tornoë la Groenlandia divenne, in quegli anni, la base delle operazioni di ricerca del Passaggio a Nord Ovest per l’Asia e la spedizione di Jan Scolvus tendeva proprio a questo obiettivo. Un documento inglese risalente approssimativamente al 1575 sostiene che un pilota danese di nome Jan Scolus si trovasse nella parte settentrionale del passaggio tra il Mare del Nord (l’Artico) ed il Mare del Sud (l’Oceano Pacifico). Questo passaggio (in cui, in nessun periodo dell’anno si trova ghiaccio grazie al continuo flusso di corrente da mare a mare), chiamato Mar Stretto, o Stretto dei Tre Fratelli è stato identificato da T. come il Canale di Jones o il Canale di Lancaster, a causa del mappamondo del 1537 di Gemma Frisius e Gerhard Mercator, in cui compare un Fretum Trium Fratrum.v